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Formaggi pugliesi: istruzioni per l'uso

Formaggi pugliesi: istruzioni per l'uso

Quando il latte viene trasformato in un prodotto speciale: il formaggio

La Puglia è una regione davvero affascinante, ricca di contrasti, paesaggi variopinti e sapori unici. Tutta questa grande varietà è legata certamente alla rielaborazione in chiave personale da parte della popolazione autoctona, delle tante influenze che hanno attraversato il territorio nel corso dei secoli. Proprio per questo, ancora oggi, le masserie producono ed esprimono le tipicità migliori del territorio tra cui i formaggi. Questi ultimi vantano una qualità e un gusto sopraffini, soprattutto perché sono prodotti utilizzando il latte vaccino e ovino derivante dagli allevamenti locali. Volendo fare una distinzione sui nomi, e l'area di produzione, si può annoverare: il Canestrato che è tipico del foggiano, i pecorini del Gargano, brindisino e leccese, il caciocavallo Silano, il latte vaccino impiegato per le burrate di Andria e Martina Franca, il Fallone prodotto nella zona di Gravina e la Cacioricotta prodotta in tutta la regione.

Tra tutti i formaggi sopraelencati, ben due vantano il riconoscimento D.O.P. e sono il Caciocavallo Silano e il Canestrato Pugliese. Il primo è ottenuto partendo dal latte vaccino e aggiungendo in seguito il caglio di vitello o di capretto per ottenere la coagulazione. Dopo la rottura del caglio, la lavorazione relativamente complessa prevede l'immersione in acqua calda per la filatura, la formatura, la salatura in salamoia e la stagionatura di durata variabile, alla fine della quale le forme ottenute sono legate in coppia e appese a cavallo di una pertica orizzontale. Proprio da quest'ultimo passaggio ha origine il nome del formaggio.

Il Canestrato Pugliese, così chiamato per i canestri di giunco nei quali è lasciato stagionare per un lasso di tempo relativamente protratto, è un’altra delle specialità casearie. Il latte utilizzato in questo caso è di pecora di razza Merino o Gentile di Puglia. Le fasi della lavorazione sono ben precise e interamente regolamentate da norme rigidissime, definite nel disciplinare di produzione che ne certifica il riconoscimento di prodotto a denominazione di origine protetta. Sia il Canestrato sia il Caciocavallo sono stagionati e assumono un sapore più o meno forte a seconda della stagionatura.  In entrambi i casi possono essere gustati accompagnati da miele di acacia e frutta secca, grattugiati sulla pasta oppure amalgamati nel ripieno di carni e verdure.

I formaggi non fregiati sono ancor più buoni

Tra i formaggi freschi più famosi, anche se non sono fregiati con riconoscimenti DOP i DOC, è doveroso annoverare la Burrata e il Fallone di Gravina. La prima è possibile trovarla in commercio sia nella forma tradizionale con l'involucro esterno a pasta filata e un ricco cuore di crema di siero all'interno, che nella versione “Stracciatella”: semplicemente il cuore della Burrata. Chiaramente essendo formaggi freschi, devono essere consumati preferibilmente nell'arco di 24 ore giornata o, al massimo, entro due giorni dalla produzione. Entro lo stesso lasso di tempo o se possibile anche meno, dovrebbe essere consumato anche il Fallone di Gravina, un formaggio freschissimo e dal sapore delicato, interamente lavorato a mano e lasciato riposare in stampi di plastica che nel corso degli anni hanno rimpiazzato quelli tradizionali di giunco. In ultimo, un formaggio che potete gustare in tutta tranquillità e senza il timore che vada a male nel giro di pochi giorni è la Ricotta Forte che, a differenza di quella fresca, può essere consumata in un lasso di tempo maggiore rispetto a quello della ricotta tradizionale. Questo formaggio, ottenuto dalla lavorazione del latte fresco di pecora, è a pasta semi molle conservata in barattoli di vetro. Il suo sapore deciso e intenso la è ideale per insaporire sughi o farcire i panzerotti fritti.

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